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Sinistra Italiana - Palo del Colle

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Parte anche a Palo il Reddito di dignità (ReD): una misura sociale insufficiente e poco dignitosa

Pubblicato su 5 Luglio 2017 da sel palodelcolle (ba)

È del 23 giugno l’articolo de La Gazzetta del Mezzogiorno sul ReD (Reddito di Dignità) in cui si descriveva l’impatto di questa misura nell’ambito sociale Palo-Bitonto: sono stati sottoscritti 187 patti che corrispondono al numero di persone che, in cambio di prestazione di servizi, riceveranno  uno stipendio compreso fra 200 e 400 euro per 12 mesi. Va specificato che non sono i singoli soggetti ad avere diritto all’accesso a questo programma, ma coloro che vivono in una famiglia con una condizione ISEE non superiore a 3000 euro annui e con minori a carico o persone con disabilità grave e non autosufficienti.

Il numero dei patti sottoscritti non raggiunge neanche il 20% delle domande pervenute (1057) dato che le risorse finora destinate sono appena 74 mila euro (fonte dato dabitonto.com), a fronte dei 100 milioni di euro su scala regionale che Emiliano prometteva di stanziare solo per il primo anno per uno stipendio di ben 600 euro mensili per ogni beneficiario.

A cavalcare l’onda dei 100 milioni di euro è stata anche la sindaca Zaccheo nella campagna elettorale dello scorso anno. Nei comizi si sbandierava questa rivoluzionaria misura anti-povertà senza approfondire gli aspetti legati al numero di persone che ne avrebbero beneficiato, a quanto sarebbe stato loro corrisposto ed in quali forme.  Si lasciava così ampio margine di immaginazione ai cittadini che magari speravano in una azione che risollevasse la condizione sociale di migliaia di precari e disoccupati per lo più giovani. Invece si tratta di una forma di welfare poco efficace in termini di risorse impiegate e di forme utilizzate. Infatti, se si pensa che le somme destinate ai firmatari dei patti saranno erogate, bimestralmente, non in contanti ma con una carta acquisti per pagare le bollette, la spesa e i prodotti sanitari, appare una vera e propria tessera della povertà. Perciò appare alquanto forzato, da parte delle figure istituzionali, parlare di occasione di riscatto sociale. È di ieri (4 luglio) la dichiarazione di Tito Boeri, presidente dell’Inps, in cui ricorda che la soglia Istat di povertà assoluta al sud è di 600 euro al mese, e il Red non raggiunge nemmeno quella.

Così come sembra che non si voglia dare il giusto nome alle cose quando si descrivono i progetti come “tirocini formativi volti all’inclusione sociale”, se al massimo si riesce a dislocare le unità per spazzare le strade cimiteriali.

Se scendiamo nel merito dei progetti citati nell’articolo de La Gazzetta, è facile notare che di formazione c’è ben poco. Per esempio si parla di “incroci sicuri” o di “più sicuri a scuola”: certo uno sguardo in più ai pedoni che attraversano o ai nostri figli che rincasano da scuola male non fa, ma queste figure non possono sostituirsi ai vigili urbani. Come è possibile che le persone selezionate possano quindi dare sicurezza ai piccoli pedoni ed ai loro accompagnatori se non possono regolare il traffico cittadino?

Si parla di pulizia dei parchi: ma a questo non dovrebbe provvedere l’azienda appaltatrice del servizio di igiene urbana? Per cui, cosa altro significa questo? Che l’azienda appaltatrice non rispetta fino in fondo il disciplinare dell’appalto che ha vinto e che quindi abbiamo bisogno di personale da impiegare nella pulizia delle aree verdi?

Oppure, ancora, l’impiego degli stessi per tirocini in aziende private. In Italia abbiamo 43 forme di contratto di lavoro temporaneo, tante forme di tirocinio che raramente sfociano in assunzioni – vedasi Garanzia Giovani – è possibile che le aziende per assumere abbiano bisogno di questa ulteriore misura di sostegno?

Il nostro comune ha appena che 52 dipendenti nel proprio organico che è largamente sottodimensionato. Ci sarebbe bisogno di custodi, giardinieri, manutentori, assistenti sociali, tecnici ed altro personale inquadrabile in funzioni anche più elevate per offrire alla collettività, ma anche allo stesso ente, servizi. Se davvero si volessero mettere in campo delle politiche che incidano sulla qualità della vita dei cittadini si punterebbe a migliorare il servizio pubblico impiegando le risorse, umane ed economiche, in tal senso.

Invece si sono messe in campo azioni che sfruttano i più deboli con il sostegno dello Stato, e addirittura in alcuni casi è lo stesso Stato, nel caso specifico la Regione Puglia, che sfrutta lavoratori in cambio di una cifra che di stipendio ha solo il nome.

Per cui quello di cui si ha bisogno è che la politica, in generale, sblocchi le assunzioni e metta in campo un piano nazionale del lavoro serio. È vero sembra facile a dirsi, ma a proporre una soluzione immediatamente applicabile è stato nel 2012, anno in cui la crisi non era ai livelli attuali, Luciano Gallino, sociologo, studioso dei processi economici e del lavoro. In un suo articolo su Micro Mega - La Repubblica scriveva che “per cominciare lo Stato dovrebbe puntare ad assumere rapidamente almeno 1 milione di persone” ed individuava le fonti economiche per attuare quel processo (per un approfondimento maggiore si rimanda al link della proposta di Luciano Gallino). Siamo al 2017 e i dati statistici ci consegnano un paese in cui a maggio diminuiscono gli occupati e aumenta la disoccupazione. In particolare nella fascia 25-34 anni la disoccupazione giovanile è cresciuta al 37%. 

Per cui il ReD della Regione Puglia, che rispetto agli obiettivi annunciati più che il reddito di dignità sembra il reddito della povertà, è servito solo ai fini della propaganda elettorale, regionale e locale visto che i sindaci dell’ambito (Abbaticchio e Zaccheo) invece che interrogare i vertici regionali si fanno portavoci di proclami che esaltano un risultato più che scarso del progetto.

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