“Ogni egiziano è felice. Ogni egiziano oggi è rinato”, queste sono le parole
commosse espresse da un cittadino egiziano dopo la caduta del regime di Mubarak, un dittatore invece ritenuto un grande uomo dal nostro presidente del consiglio.
Non possiamo che unirci al coro e festeggiare insieme a loro nella speranza che la fase di transizione possa portare alla democrazia e che la fiducia che il popolo egiziano ripone nei militari
sia ben ripagata.
Mi premeva iniziare così, rivolgendo un pensiero agli avvenimenti che in questi giorni stanno riempiendo le pagine di storia. Lo scenario internazionale è in continua evoluzione, il mediterraneo
scalpita e ne escono sconfitti i sistemi di potere perpetuati fino ad ora che miravano essenzialmente all’auto sostentamento.
In contrapposizione abbiamo un’Italia bloccata, con la società civile che quotidianamente è in piazza per rivendicare quei diritti che, ritenuti inviolabili, nessuno mai poteva pensare potessero
essere messi in discussione:sono note a tutti le vicende FIAT, nel nome della crisi si attua una prevaricazione nei confronti dei lavoratori mettendo in campo un ricatto sociale che trasforma il
diritto al lavoro in diritto alla sopravvivenza; è di ieri la proposta del Pdl di una censura preventiva in rai limitando la trattazione di una tematica ad un solo programma di approfondimento e
minando la libertà di informazione ancorandola al consenso ottenuto dai partiti. Così come i continui tagli alla cultura e allo spettacolo, per non parlare della indecente riforma Gelmini:si
snoda così una politica al ribasso.
Una politica che si autodetermina e che trascina il paese nell’emergenza democratica. Si assiste alla
delegittimazione degli apparati istituzionali, all’uso dello “stato” come strumento di potere personale e a leggi dello stato che diventano mezzi di difesa personale.
Questa ha tutta l’aria di essere una dittatura dolce.
Ed è in questo contesto che deve essere forte non solo il dissenso, ma deve essere forte anche la capacità di costruire un’alternativa. Parola che sembra già retorica questa, ma davvero dobbiamo
credere che un’alternativa a questa deriva esista.
Esiste un’Italia migliore, l’Italia che si oppone, l’Italia delle donne che domani (13 febbraio, nda) scende in piazza per rivendicare una dignità che deve prescindere dalle doti fisiche di un
corpo. “Se non ora quando” è lo slogan che unisce le donne di tutto il paese, ma è soprattutto un monito ad agire adesso. Ognuno di noi è chiamato a sentire la responsabilità della propria
esistenza su questo mondo, oggi più che mai inadeguato. In quest’ottica si inserisce il progetto di questo nuovo partito nato per ricostruire la sinistra da anni ormai annodata su se stessa e ben
lontana dalle criticità reali, la stessa sinistra che oggi trova il partito che dovrebbe maggiormente rappresentarla, il PD, con lo sguardo rivolto a destra. Un nuovo partito che riconosce nel
suo leader Nichi Vendola l’unica vera alternativa oggi possibile, l’unica possibile risposta alla domanda di cambiamento che sale dalla società, l’unico capace di intercettare quella
stratificazione sociale colma di problematicità e dalla quale però prendere impulsi sempre nuovi.
Ed è dal suo vocabolario che prima di tutto la politica si rinnova, opponendosi alla volgarità imperante di chi pensa di governare uno show televisivo piuttosto che un paese civile.
E tutti noi dobbiamo rispondere all’appello della buona politica, il registro deve necessariamente cambiare!
Siamo tutti chiamati ad aderire a questo nuovo progetto facendo sì che sia implementato ovunque, partendo dalle più piccole realtà locali. Dobbiamo essere i portavoce di un nuovo modo di fare
politica così che i partiti tornino a riempirsi di gente, di istanze, di idee e di energie. Nuova linfa va data a questo agire politico che invece è arenato su posizioni vecchie, che utilizza
metodologie obsolete e che fa dell’agire imbroglione consuetudine ormai consolidata. La nuova linfa passa attraverso tutti noi, attraverso le donne, attraverso i giovani che non devono più sedere
sul trono dell’inesperienza ma devono essere in prima linea nel campo delle scelte operative e nella gestione amministrativa della cosa pubblica.
Il mio accorato appello è rivolto a tutti coloro che ritengono la politica al di fuori dei propri interessi, delle proprie competenze. Se pensiamo che a fare politica oggi a Palo siano persone
competenti, beh ci sbagliamo di grosso date le situazioni in cui versa il nostro paese. Un paese immobile, schiacciato sugli interessi personali dei soliti ignoti, abituati da sempre a far la
politica affaristica. Ci opponiamo nettamente a tutte quelle pratiche messe in campo fino ad ora che hanno visto continui cambi di casacca e trasversalismi messi in atto dalla peggiore classe
dirigente che purtroppo, però, si perpetua da anni.
Vorrei concludere trasmettendovi la mia, personale, emozione provata nel giorno in cui ho votato per la prima volta e con coscienza. Sentivo forte la responsabilità della mia scelta che si andava
ad unire sì alla scelta di tantissime altre persone, ma non per questo resa inutile o insignificante. È un pensiero che rivolgo ai giovanissimi, ma non solo, che vedono la possibilità di andare a
votare come quella di incassare una paghetta in più. Un voto non vale 50 euro (cifra presa dagli ultimi tariffari in vigore), il voto vale la scelta che ogni persona libera deve compiere in
assoluta autonomia. Torniamo a dare un peso alle nostre azioni partendo dal voto e partecipando alla gestione del bene comune che ci appartiene!
(*) (intervento di apertura all'Assemblea)