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Sinistra Italiana - Palo del Colle

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Legittimo impedimento: un Sì per la DEMOCRAZIA!

Pubblicato su 9 Marzo 2011 da Mimma Lacasella in referendum

Uno dei quattro quesiti referendari su cui saremo chiamati a votare nei prossimi mesi riguarda la Legge 7 aprile 2010, n. 51, “Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza”, nota semplicemente come “legge sul legittimo impedimento”.

Cade in errore chi pensa che sia una battaglia politica contro il Presidente del Consiglio, perché quello sul legittimo impedimento è un referendum per la democrazia e per la legalità, per riaffermare con forza uno dei principi cardine di ogni ordinamento democratico, sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

Negli ultimi anni si sta facendo strada una pericolosa tentazione giacobina di considerare i tre poteri dello Stato, legislativo, esecutivo e giudiziario, non equiordinati, distinti e ciascuno limite dell'altro, ma ad essere legittimo è il solo il potere politico, quello dell’esecutivo che ha una primazia sugli altri che ne sono deroghe ed eccezioni, capovolgendo uno dei principi fondanti di ogni democrazia.

Ed è per questo che, ciò che dovrebbe essere ovvio, rischia di non esserlo perché a questo punto la legge non è uguale per tutti, ma è uguale quasi per tutti, perché chi ha il potere (quello politico), in virtù della carica che ricopre, non può essere giudicato per quel che fa o ha fatto e per i reati che ha commesso, al pari di ogni “comune” cittadino.

Per dirla con le parole del Presidente del Consiglio: "In una democrazia liberale chi governa per volontà sovrana degli elettori è giudicato, quando è in carica e dirige gli affari di Stato, solo dai suoi pari, dagli eletti del popolo". 

Gli eletti dal popolo si investono così di un potere non proprio, impedendo alla giustizia di fare il suo corso.

Mascherati da questa cultura, sono partiti attacchi alla magistratura, minacce istituzionali, campagne riformatrici del sistema giudiziario e a colpi di leggi e decreti legge ad personam di fatto si sta puntando alla negazione dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alle legge.

La Legge 7 aprile 2010, n. 51, introdotta come strumento che garantisce il "sereno svolgimento delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge" al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri (art.1, comma 1) e dunque il governo del paese, di fatto fornisce uno scudo dai processi per il presidente del Consiglio e i ministri, già fatto valere in tre procedimenti (Mediatrade, Mills e Mediaset).

La stessa Corte Costituzionale con la sentenza dello scorso 13 gennaio ha eccepito il difetto di incostituzionalità della legge, modificandone il testo originario in quelle parti in cui si è ravvisata la violazione degli articoli 138 (necessità di una legge costituzionale) e 3 (principio di uguaglianza dinanzi alla legge e irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione) della Costituzione.

La Consulta è intervenuta sul comma 4 dell’articolo 1 della Legge, quello relativo all’«impedimento continuativo», cioè quella parte che prevede che per il premier e i suoi ministri, quando sono chiamati a comparire in udienza in veste di imputati, costituisce legittimo impedimento «il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti». La Consulta ha fornito una interpretazione del comma, ritenendolo legittimo solo se, nell’ambito dell’elenco di attività indicate come impedimento per premier e ministri, il giudice possa valutare l’indifferibilità della concomitanza dell’impegno con l’udienza, nell’ottica di un ragionevole bilanciamento tra esigenze della giurisdizione, esercizio del diritto di difesa e tutela della funzione di governo, oltre che secondo un principio di leale collaborazione tra poteri.

L’incostituzionalità è stata sollevata anche per il comma 3, dello stesso art. 1, nella parte in cui il legittimo impedimento non poteva essere valutato dal giudice. La Consulta ha stabilito che devono essere i magistrati a valutare, caso per caso, se sussistano realmente motivi di legittimo impedimento per il capo del governo e per i ministri, rifiutando invece l’automatismo del legittimo impedimento autocertificato dal soggetto interessato.

Con la sua sentenza la Corte Costituzionale se da una parte ha così smontato l’impianto originario della legge, ha però al tempo stesso emesso un giudizio “pilatesco”, rinviando al giudice interessato il giudizio sull’ammissibilità del “legittimo impedimento” invocato dagli imputati e questo scatenerà un lungo contenzioso dei difensori che allungherà i tempi dei processi fino alla prescrizione dei reati. La conseguenza potrebbe essere così che si faccia rientrare dalla finestra ciò che si è stato fatto uscire dalla porta.

È per questo che, il referendum si farà, affidando al popolo, unico sovrano, il compito di cancellare la legge dell’impunità e agli elettori sarà proposto il seguente quesito: ”Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l’articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante ‘disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza’?”.

E allora dobbiamo votare e VOTARE SI!

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